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Anche per la Romagna la fertilità della terra ed i beni che da questa possono derivare: carne, pollame, salumi, formaggi, frutta, ortaggi e vini, permettono di gustare in ogni luogo ed in ogni zona della Regione “buon mangiare ed ottimo bere”. Nell’ambito del territorio romagnolo vero e proprio, esistono itinerari legati ai ricordi storici allietati dalla possibilità di gustare prosciutti e formaggi deliziosi, arrosti di animali di bassa corte di ogni genere, il tutto accompagnato da vini appositamente nati e preparati. Percorsi turistici enogastronomici di grande rilievo paesaggistico, ricco di verdi colline e di castelli con tanta storia d’odio e di amori più o meno tragici, ma ricco anche di sapide cucine e di vini dalle caratteristiche bene rispondenti alle robuste e gustose pietanze della zona. È l’itinerario che comincia da Imola e giù, giù fino al Castello di Gradara. È tutto un pieno di belle campagne con prosperi filari e vigneti che sanno dare, molto per maestria dei vitivinicoltori, dei vini veramente eccellenti. Circa il tema che ci siamo proposti, a complemento della affermazione “… belle campagne e prosperi filari e vigneti…” dobbiamo aggiungere che percorrendo ogni strada di Romagna non solo si incontra quanto sopra, ma tutta una serie di luoghi ben’ attrezzati di ristoro ove piatti appetitosi preparati con cura e passione, bene si accompagnano con i tanti vini e così completano la bellezza di tali itinerari e l’interessamento che per essi dimostra il turista. C’è dappertutto sana, generosa, spontanea cordialità; c’è un insieme di “mariage” Vino-vivande-rapporto umano, da fare scintille come viene detto in luogo. In definitiva, se per “itinerari enogastronomici” o “Strade del vino” intendiamo strade e itinerari che uniscono alle amenità del paesaggio, la bellezza di monumenti, il godimento di una sincera ospitalità oltrecché naturalmente la disponibilità di buoni vini e di cucina appetitosa, dicevamo che se per itinerari del vino intendiamo tutto ciò, non si esagera affermando che l’Emilia Romagna è tutto un itinerario di “goduria” in tale senso.
Il vino è un valore aggiunto da offrire ai turisti, un souvenir da portarsi a casa e da regalare. La viticoltura del territorio romagnolo ha origini antichissime, come viene testimoniato da una ricca documentazione storica che riporta informazioni sulle tecniche viticole, gli strumenti della vinificazione, l’entità dei canoni di affitto e degli accessori che gravavano sui conduttori dei fondi. Facendo riferimento a tempi relativamente recenti, si ricorda come l’abate Giovanni Battara, nella sua opera “Pratica Agraria” del 1778, faccia un’ampia dissertazione sulla viticoltura, riportando le esperienze maturate nel suo podere di Pedrolara presso Coriano di Rimini. Egli indica i sesti di impianto, le forme di allevamento, la potatura dei maglioli (tralci), le lavorazioni del terreno, le concimazioni organiche (“una manciata di fino pecorino per buca” intendendo con tale dizione l’uso di letame maturo di pecora), per poi passare alle istruzioni sulla vinificazione delle uve. Un trattato sulla viticoltura riminese, rimasto manoscritto, fu redatto anche nel 1816 dal canonico Paolo Morelli, il quale, dopo aver vissuto per molto tempo a Roma, torna a curare la proprietà di famiglia nell’agro di Rimini. Il saggio del canonico, oltre a fornire indicazioni sulle pratiche colturali da adottare nelle vigne e su quelle della vinificazione in cantina, si sofferma sui sistemi per produrre vini particolari: vino scelto, vino santo, vino bianco all’uso di “sciampagne”, vermuth. Pratiche di vinificazione un tempo attuate utilizzando alcune varietà rustiche allevate nell’area pedocollinare e collinare del territorio, le cui condizioni pedoclimatiche favorivano la produzione di uve con accentuata carica di sostanze aromatiche, che il vignaiolo riusciva, sin d’allora, a trasferire nel vino, esaltando, in tal modo, la tipicità di quella realtà vitivinicola.
Ancora oggi questo territorio rappresenta la fonte di un’elitaria produzione di vino, la cui struttura e le peculiari note aromatiche concorrono a caratterizzare il patrimonio viticolo che si estende dalla costa adriatica sino alle colline delle vallate del Marecchia e del Conca. Fra le uve a bacca rossa non vi è dubbio che il Sangiovese rappresenti la radice sulla quale si è costruita la vitivinicoltura riminese, non solo perché consente di ottenere in purezza ottimi vini fruttati e idonei all’invecchiamento, ma anche perché oggi viene utilizzato come base di uvaggi soprattutto con il Cabernet Sauvignon e, in misura più limitata, con uve di antichi vitigni come il Verucchiese e il Marzabino. La popolazione varietale dei vitigni con uva a bacca bianca è alquanto ampia: Trebbiano Romagnolo, Biancame e Rebola rappresentano i capostipiti della produzione di vini bianchi riminesi ottenuti sia con la vinificazione in purezza che mediante uvaggi, prevalentemente con lo Chardonnay e con il Sauvignon. Altri vitigni a bacca bianca, che non vengono riportati nei bollettini ampelografici redatti nell’Ottocento riguardanti il territorio riminese, sono la Vernaccina, il Verdetto, la Vernaccia, il Ciurlese, il Varano, la Scroccona, il Famoso, il Bottaio, il Canino, il Cargarello. Una nobile stirpe vitivinicola che trova un suo meritato riconoscimento nella Doc (Denominazione di Origine Controllata) “Colli di Rimini”, ottenuta con decreto del 19 novembre ’96 del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, che va ad ampliare la lista degli altri vini Doc riconosciuti nel territorio riminese (Sangiovese di Romagna, Pagadebit, Trebbiano di Romagna). L’opportunità di scoprire le virtù di questi vini viene offerta dalla Strada dei vini e dei sapori dei Colli di Rimini, un percorso di 150 Km che inizia a nord di Santarcangelo di Romagna per terminare, dopo aver attraversato un territorio ricco di suggestivi paesaggi, a San Giovanni in Marignano. La cultura del vino, legata saldamente alla tradizione delle campagne del Riminese, trova una sua forte identità anche nei vini “I Felliniani”: iniziativa che Regione, Provincia, Camera di Commercio, Enoteca Regionale e la stessa Fondazione Fellini hanno promosso a ricordo del grande Maestro che con le sue opere ha trasmesso a tutto il mondo il “vero volto” di questo lembo di Romagna.
I Vini sono sicuramente tra i prodotti più caratteristici della Romagna. Già famosi ai tempi dei Romani, i quali li ritenevano tra i migliori dell’impero. La leggenda narra che il Sangiovese debba il suo nome proprio ai Romani che, per la sua vigoria, lo chiamarono “Sanguis Jovis“. Queste antiche tracce di storia sui nostri Vini confermano una secolare tradizione vinicola della nostra gente, tutto questo grazie ad un clima temperato ed un terreno adatto alla coltivazione dei vitigni. Il Vino è un prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica, totale o parziale, dell’uva. La prima fase della produzione del Vino consiste nella pigiatura, che viene effettuata industrialmente per mezzo di pigiatrici; per le uve destinate alla vinificazione in bianco si utilizzano i torchi. Il prodotto finale ditale operazione, il mosto, viene raccolto in tini ed eventualmente corretto in modo da ottenere la quantità di zucchero, l’acidità e il colore desiderati.
La fase successiva è la fermentazione del mosto, detta vinificazione: durante la fermentazione in rosso si forma un “cappello“. Durante la vinificazione si ottengono una serie di prodotti intermedi che conferiscono il caratteristico bouquet, la fragranza e l’aroma.
Alla vinificazione segue la svinatura. Il Vino ottenuto dalla svinatura viene spesso tagliato per correggerne il titolo alcolico, l’acidità, il colore e il sapore; viene mescolato con Vini non adatti al consumo diretto, ma ricchi di alcool, sali e sostanze coloranti, detti appunto “Vini da Taglio”. Nel caso della vinificazione in bianco, le vinacce vengono torchiate per ottenere vino torchiato.
Nelle botti il Vino subisce una fermentazione lenta, al termine della quale si iniziano i travasi, che hanno lo scopo di eliminare le particelle in sospensione nel vino che precipitano in fondo alle botti. Effettuati i travasi e un’accurata operazione di filtrazione si può iniziare l’imbottigliamento del Vino.
I Vini pregiati provenienti da uve di zone tipiche, raccolte a perfetta maturazione, subiscono, prima di essere imbottigliati, un invecchiamento naturale. L’invecchiamento può durare anche 7/8 anni e i risultati migliori sì ottengono usando botti di rovere di Slavonia.
Su tutte le bottiglie di Vino deve essere indicato il titolo alcolico e, per le produzioni con denominazione d’origine controllata, l’annata, il numero di serie e il marchio depositato.
In elenco alcuni vini DOC della Romagna da gustare ed acquistare direttamente nelle numerose cantine vitivinicole o nelle migliori enoteche di Cattolica.
L’Albana di Romagna è il vino romagnolo per eccellenza, viene infatti coltivato esclusivamente nella nostra regione. Di grande lignaggio, è stato il primo vino bianco ad ottenere, nel 1987, la D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita). Il tipo Secco è indicato, servito a una temperatura di 10-12°C in calici per vini bianchi di corpo, per il pesce in generale, in particolare per i crostacei, per le zuppe e i brodetti. Si può servire anche con il fegato d’oca e con le carni bianche, specialmente col pollo in gelatina, le cervella, le animelle; può andare bene anche con minestre in brodo e creme. Molto consigliato anche come aperitivo. I tipi Amabile, Dolce e Passito vanno invece consumati a fine pasto, con la frutta e il dessert, serviti in calici piccoli. Un abbinamento particolarmente indicato è quello dell’Albana di Romagna Passito con la ciambella. Il migliore abbinamento per l’Albana Passito si ha con il classico Formaggio di Fossa accompagnato da miele di castagno.
La leggenda narra che questo vino debba il suo nome agli antichi Romani, che, per la sua vigoria lo chiamarono “Sanguis Jovis“, da cui “Sangiovese”. E’ il principe dei vini romagnoli e della sua terra, grande ambasciatore. E’ un signor vino, che si accompagna a: tutte le minestre condite con ragù di carni, con arrosti misti e grigliate, con i classici ‘castrato’ e ‘cosciotto d’agnello’ , con selvaggina e cacciagione, nonché con stracotti e brasati. Il Sangiovese di Romagna, pur essendo un vino rosso, non è da sottovalutare abbinato al pesce arrosto. Temperatura d’uso: 18/20°.
Il vitigno da cui ha origine la Doc Trebbiano di Romagna è coltivato nella zona collinare, pedecollinare e pianeggiante delle provincie di Bologna, Forlì–Cesena, Rimini e Ravenna. Fu nel periodo etrusco che il vitigno Trebbiano fece la sua prima apparizione. Il Trebbiano di Romagna Doc è un vino bianco da tavola prodotto anche nelle versioni Frizzante e Spumante. Antipasti leggeri o di mare, tortellini e tagliolini in brodo, pesce alla griglia, umido o bollito con salse, crostacei, carni bianche, piadine e prosciutto, pollame, bolliti misti leggeri, ecc. Temperatura d’uso: 8/10°.
La DOC Colli di Rimini è prodotta nei vigneti collinari e pedecollinari dei territori della provincia di Rimini. Dalle uve coltivate in quest’area vengono prodotti i seguenti vini: Bianco, Rosso, Biancame, Cabernet Sauvignon e Rebola.
Sauvignon 85%, Trebbiano Romagnolo max 15%. Si accompagna con antipasti, prosciutto e salumi, tortellini in brodo, pesce di mare e di fiume alla griglia e in umido.
Prodotto nelle province di Ravenna e Forlì, il Pagadebit di Romagna Doc deve il nome all’omonimo vitigno da cui è ricavato. Il nome della pianta, a sua volta, è dovuto alla sua fertilità e alla capacità di resistere alle avversità climatiche, che consentivano, nonostante la cattiva annata, al contadino di “Pagare i Debiti” contratti nell’annata precedente. Dagli anni ’70 è riuscito a imporsi sul mercato e a ottenere, nel 1989, la Doc Pagadebit di Romagna che comprende le tipologie Secco, Amabile, Bertinoro Secco e Bertinoro Amabile. Si accompagna a minestroni, creme vellutate, paste e risotti a base di pesce, i tradizionali ‘Passatelli’. Con i secondi piatti, lo si gusta con le carni bianche, le grigliate di pesce, rane e lumache e frittate con verdure.
Il Cagnina di Romagna è un vino rosso prodotto nelle provincie di Ravenna e Forlì. Il vitigno da cui si produce ha origini quasi certamente friulane risalenti al XIII secolo. Nel dialetto locale, al nome Cagnina viene solitamente aggiunta la specifica “De Grasp Ros” (Dal Raspo Rosso). A tavola deve essere servito ad una temperatura di degustazione 10-12°, per tradizione, si abbina alla ciambella casereccia, alle castagne e marroni arrostiti, torte e crostate di frutta, tortelli dolci ripieni di confetture.
Le origini del Lambrusco, vino giovane per definizione, sono molto antiche. I Latini chiamavano “Labrusca Vitis” un vitigno selvatico che cresceva ai margini delle campagne e che produceva frutti dal gusto aspro. Lambrusco è quindi il nome di un gruppo di vitigni, simili ma non identici, che si sono evoluti con il tempo, dando origine alle quattro Doc dell’Emilia Romagna. Rosso, frizzante, versatile, allegro ma con bassa gradazione alcolica: queste sono le caratteristiche che hanno fatto del Lambrusco il vino che meglio caratterizza la regione in cui è prodotto, nonché, dagli anni Settanta, uno tra i più apprezzati vini italiani al mondo.
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