Home » GASTRONOMIA » Prodotti tipici » Formaggio di Fossa di Sogliano al Rubicone
Il formaggio “IL FOSSA” di Sogliano al Rubicone deve il nome al fatto che la sua stagionatura avviene in ambienti sotterranei speciali, le “fosse”, di probabile origine medievale scavati nel tufo del paese di Sogliano al Rubicone, paese della provincia di Forlì-Cesena al confine con i territori delle Provincie di Rimini e Pesaro-Urbino; queste tre provincie rappresentano la zona tipica di produzione.
Viene utilizzato come ingrediente delle minestre tipiche romagnole (cappelletti, passatelli, ecc.) oppure, grattuggiato, come condimento sopra primi e secondi piatti. Inoltre viene degustato da solo o accompagnato con miele, confetture di frutta , aceto balsamico, ecc. Abbinamento con i vini: con riserve di rossi pregiati, con vini passiti e con marsala.
La tecnica di stagionare il formaggio nelle fosse ha origine ignota, tuttavia questo particolare formaggio è nominato in due inventari del 1497 e del 1498 in cui emerge che il formaggio era di proprietà diversa dal proprietario delle fosse, testimoniando l’usanza di affittare le fosse e che le stesse dove era a maturare il formaggio erano adibite alla conservazione del grano per preservarlo dalle razzie dei soldati.
Il periodo tradizionale di infossatura era fine Agosto-Settembre e la riapertura delle fosse il 25 Novembre, giorno di S. Caterina.
La permanenza in fossa del formaggio nel periodo autunnale aveva una duplice motivazione: da un lato il periodo di massima produzione di latte era (e lo è ancora oggi anche se in misura minore) il periodo primaverile-estivo per una maggiore abbondanza di pascolo e quindi la necessità di trasformarlo in formaggio e di stoccarlo per i periodi meno produttivi; d’altra parte si poteva disporre di formaggio anche durante l’inverno con le stesse caratteristiche di freschezza e bontà di quello prodotto nei periodi estivi.
Il formaggio di fossa di oggi è figlio di quella tradizione che si rinnova, mantenendo intatti gli antichi procedimenti di stagionatura. Ogni estate le fosse vengono ripulite e asciugate con un falò di paglia e sterpi poi, dopo aver sistemato un contenitore per il liquido sul fondo, si ricoprono le pareti con un’intelaiatura di legno e canne foderata di paglia. Le forme ricavate dal latte ovino, dopo almeno un mese di maturazione, in agosto si dispongono nelle fosse in sacchi di juta bianchi, dove il nome del proprietario e il peso sono stati scritti col nerofumo. Una volta piene, le fosse si chiudono con tavole e gesso, per aspettare la riapertura di novembre, quando finalmente il formaggio ha acquistato tutte le sue speciali peculiarità.
Secondo la leggenda, il tipico formaggio di fossa deve il suo particolare aroma alla nascita in una terra di confine. Pare infatti che nel 1486 Alfonso d’Aragona, sconfitto dai Francesi, avesse ottenuto l’ospitalità di Girolamo Riario, signore di Forlì. Ma le risorse del forlivese non consentirono a lungo il sostentamento delle truppe, che presto cominciarono a depredare i contadini dei dintorni. Questi, per difendersi, presero l’abitudine di nascondere le provviste nelle fosse scavate nella roccia arenaria. A novembre, una volta partiti gli eserciti e finite le scorrerie, le dissotterrarono e scoprirono che il formaggio aveva cambiato le proprie caratteristiche organolettiche.
Oltre a Talamello, dove la tradizione dell’infossatura del del formaggio è stata ripresa 15 anni fa, anche a Sant’Agata Feltria dal 1998 si produce formaggio di fossa.