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Il formaggio di Urbino , o meglio la casciotta di Urbino, è uno dei pochi formaggi di cui si può affermare con certezza che aveva un estimatore illustre: Michelangelo Buonarroti. Il maestro aveva un collaboratore di fiducia, Francesco Amadori, detto Urbino, originario di Casteldurante. Probabilmente quando questi si recava a Roma nella “bottega” del grande artista, gli avrà portato in dono qualche caciotta della sua zona d’origine, che deve essere così tanto piaciuta al maestro da indurlo ad acquistare nell’allora Ducato di Urbino, ben tre poderi. Diede poi disposizioni su come ripartire, tra i contadini che ci lavoravano, i beni prodotti, riservando per sé solo i formaggi confezionati nel periodo primaverile.
Un omaggio davvero eccellente al nostro terrtorio, da parte di un toscano altrettanto eccellente, che preferì la Casciotta di Urbino al toscanaccio Marzolino, allora noto in tutta Europa. È fra i prodotti più antichi del territorio urbinate. L’origine del nome è incerta, ma pare che si debba a un banale errore di trascrizione dovuto alla pronuncia dialettale del termine “caciotta”. Una delle prime fonti letterarie sulla “caciotta” è costituita dal Commento alle Costituzioni al Ducato di Urbino, scritto da Solone di Campello nel 1545: infatti, sia i Montefeltro sia i Della Rovere ebbero sempre un occhio di riguardo nei confronti della produzione casearia. L’esiguità del pedaggio per il trasporto sia delle pecore sia del formaggio che se ne ricavava, facilitò poi le esportazioni con Roma. Lì la casciotta trovò grandi estimatori, tra cui papa Clemente XVI e, soprattutto, Michelangelo Buonarroti, che a Castel Durante (oggi Urbania) acquistò persino tre poderi, con relativi greggi, dal cui latte poteva ricavare la “sua” casciotta. Da sempre, secondo la zona, sono due i tipi di stampi utilizzati per darle la sua forma: in terracotta o in maiolica nelle zone di Castel Durante e Urbino, storicamente note per la tradizione ceramica; in legno d’acero o faggio nel territorio del Mercatellese.
Il prodotto in questione ha nel frattempo “maturato”, è stato infatti promosso a Dop e tanti sforzi sta compiendo l’apposito Consorzio per la tutela e la valorizzazione del formaggio. D’altronde il prodotto ben si coniuga con le recenti tendenze del consumatore moderno, sempre meno punitivo, e invece sempre maggiormente voglioso di gusti unici, specie durante il consumo extradomestico. L’appagamento del gusto che si ha infatti assaporando la Caciotta di Urbino è tanto di quanto più lontano ci sia dalla omogeneizzazione dei latticini industriali. Lo stesso discorso si ripropone per quanto riguarda la fruizione turistica del territorio del Montefeltro, così lontano dalla cultura della massa. Il turista nel Montefeltro cerca unicità e genuinità, caratteristiche che non possono prescindere dalle intime relazione con i propri prodotti tradizionali e tipici tra i quali la Casciotta di Urbino rappresenta forse l’esempio più illustre. Non c’è tour nel Montefeltro che non preveda una serie di assaggi, di fruizione di gusto territoriale.
Il latte per i formaggi proviene da pecore che pascolano nei prati delle verdi colline della Terra del Duca, come ai tempi dei Duchi di Urbino, brucando l’erba dalle varie essenze ed aromi che danno sapore al latte stesso e di conseguenza ai formaggi. La Casciotta è un formaggio di forma cilindrica e dal peso variabile dagli 800 ai 1200 grammi, da consumare dopo una maturazione di 20-30 giorni.
Ha una pasta di colore bianco paglierino, con una leggerissima quanto caratteristica occhiatura (cioè presenza di “buchi” nella pasta). Il sapore è dolce, tendenzialmente acidulo.
Per spuntini, antipasti, con le fave fresche a primavera, merende all’aperto, da fine pasto o come pietanza accompagnato da verdure di stagione, per usi culinari.
Nei comuni di Cagli, Fermignano, Urbania, Sant’Angelo in Vado, Mercatello sul Metauro, Piobbico e Urbino.